mercoledì 4 dicembre 2019

"Volevate l'oro, brutti sudici? Eccovelo!"

La cecina, torta o farinata che dir si voglia, ha una storia a dir poco fantastica (in tutte le accezioni del termine), due sono le leggende che mi hanno affascinata nella ricerca su google, essendo cresciuta a Pisa ho scelto la citazione pisana (benché il "brutti sudici" sia poco corretto, vista la storia, ma... è un'offesa DOC da pisani! Non importa se erano arabi o livornesi o altro, il pisano offende così, anche il vicino di casa!!)
Secondo una leggenda sarebbe nata a Pisa nel 1005, mentre l'armata pisana era a liberare le coste calabresi dall'assalto dei saraceni: approfittando della lontananza dell'esercito alfeo, alcune navi arabe giunsero alla foce dell'Arno e risalirono il fiume per mettere Pisa a ferro e fuoco in cerca dell'oro accumulato dai pisani. Ma l'eroina pisana Kinzica de' Sismondi riuscì a dare l'allarme dall'alto di una torre. I cittadini pisani reagirono con tutti i mezzi che avevano per scacciare gli invasori, anche rovesciando dalle finestre sedie, tavoli, pentole e derrate alimentari, fra cui sacchi di ceci e olio bollente, al grido "Volevate l'oro, brutti sudici? Eccovelo!" nel parapiglia i ceci furono calpestati, mescolandosi con l'olio. Il giorno dopo, fuggiti i saraceni e ristabilita la calma, la pappa informe asciugò al sole e il popolo, stanco e affamato, la raccolse per mangiarla insieme a focaccine di pane azzimo. Era l'oro di Pisa, chiamato così con ironico riferimento a quanto preteso dagli arabi. Nacque così il doratino, composto da focaccine rotonde ripiene di cecina, ancora oggi diffuso a Pisa.
Esiste un'altra leggenda, relativa a un fatto accaduto quasi trecento anni dopo, nel 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia della Meloria. Le galeee genovesi, cariche di vogatori prigionieri, si trovarono coinvolte in una tempesta. Nel trambusto alcuni barilotti d'olio e dei sacchi di ceci si rovesciarono, inzuppandosi di acqua salata. Poiché le provviste erano quelle che erano e non c'era molto da scegliere, si recuperò il possibile e ai marinai vennero date scodelle di una purea di ceci e olio. Alcuni marinai rifiutarono la poltiglia lasciandola al sole, che asciugò il composto in una specie di frittella. Il giorno dopo, spinti dai morsi della fame, i marinai mangiarono il preparato scoprendone la prelibatezza. Rientrati a terra i genovesi pensarono di migliorare la scoperta improvvisata, cuocendo la purea in forno. Il risultato piacque e, per scherno agli sconfitti, venne chiamato "l'oro di Pisa"[fonte wikipedia].

Ne esistono millanta versioni, i pisani mangiano la "cecina" (senza altro aggiungere) nella focaccina, i livornesi "la torta" la mangiano nel pane francese (il famoso "5 e 5" che nasce da 5 lire di pane e 5 lire di torta), i liguri ("farinata o fainà") e i sardi ("fainè") aggiungono infiniti ingredienti come cipolla, carciofi, salsiccia, stracchino.... Io l'ho voluta provare a preparare con la cipolla, perché tantissimi anni fa un'amica spezzina mi portò a mangiarla "da lei" e questa era quella che mi era piaciuta di più.

Ha dei margini di miglioramento, ma attualmente, nel forno di casa, questa è la migliore che io abbia mai preparato, ho fatto pure un mia versione molto irrispettosa, mangiando la farinata nel pane ai cereali.... Miam!!!

Ordunque bando alle ciance, andiamo a vedere come si fa.


Farinata alle cipolle




Ingredienti

300 gr di farina di ceci
1 litro di acqua fredda
150 gr di olio (mezzo bicchiere)
3 cipolle bianche
sale, olio, rosmarino


Versate l'acqua in una ciotola, quindi aggiungete poco a poco la farina di ceci mescolando con la frusta in modo che non si formino grumi (alle brutte alla fine se ci sono userete il frullatore a immersione!).

Poi aggiungete l'olio e un cucchiaino di sale, continuando a mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo. Coprite e lasciate riposare un minimo di un'ora (meglio anche due).
Nel frattempo tagliate a fette le cipolle e fatele cuocere con olio (non conteggiato nel peso), rosmarino e sale in una padella, aggiungendo acqua perché si ammorbidiscano ma non sbruciacchino. A fine cottura ritirate il rosmarino.

Preriscaldate il forno alla temperatura massima possibile (io 270 gradi).
Ungete una teglia larga e bassa con abbondante olio (non conteggiato), disponete omogeneamente le cipolle, poi versatevi sopra il composto.
Fate cuocere finché la superficie non sarà dorata.

Io l'ho preferita fredda, si sente meglio il sapore della cipolla, ma la cecìna a Pisa si mangia calda....


Normalmente si fa cuocere in una teglia in rame stagnato che viene fatta riscaldare prima nel forno... Da provare, io non ce l'ho!

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